QUESTO E' IL TERRITORIO MESSO IN PERICOLO

 

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Sintesi della relazione

Il Basso Lodigiano e parte del Piacentino sono stati esposti al rischio di cedimento degli argini e della inondazione a causa di varie attività abusive, che ho denunciato alla Magistratura Penale.

L’allarme è fondato su autorevolissime perizie tecniche - firmate da docenti universitari - che dimostrano che purtroppo il rischio per il territorio è reale.

Mi sono occupato inizialmente solo degli scavi al Botterone di Senna e degli scavi in alveo perché mettono a rischio la mia azienda.
Ho poi capito che il rischio riguarda anche la sicurezza del Basso Lodigiano.
Il rischio per il Basso Lodigiano è provocato anche dalla vasca per itticoltura sita ad Orio Litta.

In entrambi i casi, un cavatore ha chiesto di poter fare scavi finalizzati ad una attività agricola (un bacino di itticoltura e una bonifica agraria); nonostante questa evidente anomalia, le autorità hanno autorizzato queste opere. Si è poi puntualmente verificato quanto avevo previsto – nel febbraio del 2001 - in una mia allarmata segnalazione. E’ successo cioè che neanche un pesce è stato allevato nel “bacino di itticoltura” e nemmeno un metro viene coltivato dopo 5 anni di “bonifica agraria”.

Le attività abusive denunciate sono documentate da fotografie e da film.
L'atteggiamento dei politici è documentato dai documenti consultabili nel sito.

Le perizie dei professori universitari dicono che gli scavi in alveo e i movimenti di terra vicino alla sponda mettono a rischio la golena e lo stesso argine, e che il bacino di itticoltura di Orio Litta mette a rischio l’argine del Lambro.

Gli scavi in alveo e in golena sono in atto da tempo, e nessuno (in particolare il Sindaco di Senna Zanoni e l'Assessore Provinciale Sanna) ha ritenuto di intervenire, nonostante le mie ripetute denuncie.

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Nella versione estesa di questa relazione dimostro che:
1) Le 4 chiatte usate hanno una capacità di scavo tra 3.900 e 6.500 metricubi al giorno, e cioè (calcolando solo 200 giorni di lavoro all’anno), tra 780.000 e 1.300.000 metricubi all’anno;
2) Il maggior guadagno per i cavatori è stato in questi anni di minimo 14,85 milioni di euro (28 miliardi di lire); il massimo guadagno possibile sarebbe di 33 milioni di euro (63 miliardi di lire);
3) Il costo delle chiatte è di parecchi miliardi di lire e se i cavatori avessero fatto solo quello che erano autorizzati a fare avrebbero perso molti soldi;

E’ ovvio che non c’è nulla di male che una impresa guadagni, ma è inaccettabile che per realizzare dei guadagni si svolga una attività abusiva che fa correre un rischio terribile a migliaia di persone.
Anche se il rischio fosse minimo non ha senso correrlo.
I documenti dimostrano che i politici siano stati più volte allertati sul problema e che non hanno fatto nulla.

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Nella versione estesa di questa relazione ogni fatto è documentato con documenti, foto e filmati.
Proprio perché quello che denuncio è molto grave, ho voluto documentarlo molto bene, sia alla Magistratura che alla opinione pubblica.

Il tutto può essere brevemente riassunto come segue.
1) Le autorizzazioni non dovevano essere date, perché era evidente a chiunque facesse uno di un po’ di buon senso che le autorizzazioni servivano da pretesto per svolgere attività illecite e pericolose.
2) Dopo che sono state concesse le autorizzazioni, nessuno si è preoccupato di controllare che non venissero fatti abusi che puntualmente sono stati fatti.
3) Sulla base delle autorizzazione, e beneficiando della mancanza di controlli, sono stati fatti scavi in alveo, che sono vietati perché sono pericolosi.
4) La reazione alla mia denuncia degli abusi è stata del tutto inadeguata, o addirittura inesistente, come conferma il fatto che gli abusi sono tuttora in corso.

Le autorizzazioni incautamente rilasciate, la assenza di controlli e la mancanza di reazioni quando ho denunciato gli abusi hanno creato il rischio di inondazione che risulta dalle perizie dei professori universitari.

Ho cercato di fare la mia parte facendo questa denuncia: ho sostenuto tutte le spese (avvocati, periti, esperti di informatica) e ho dedicato molto tempo a raccogliere la documentazione e ad organizzare questo allarme. Non mi fermerò qui. Sarebbe però sbagliato e pericoloso per la sicurezza di tutti che voi rimaneste semplicemente a vedere cosa succederà. Si può e si deve fare qualcosa di più.
Un vecchio proverbio dice che “l’unione fa la forza".

Alla opinione pubblica rivolgo l’appello ad attivarsi per scongiurare il rischio di una tragedia.

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RELAZIONE INTRODUTTIVA

 

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